“La Calabria che vogliamo”, Nucera punta alle Regionali: “Dobbiamo ribaltare la reputazione di questa terra. Guardate al Conte-bis: non abbiamo voce in capitolo, al posto della Orrico io non accetterei”

nuceragiuseppe14setdi Mario Meliadò - Certo, la circostanza che della sua "squadra ideale" faccia parte Mauro Alvisi, il presidente del Registro europeo della reputazione e Dipartimento europeo della Reputazione dell'Ucee (la Union of European experts Chambers), contribuisce senz'altro. Fatto sta che l'ex presidente di Confindustria Reggio Calabria ed ex assessore comunale reggino Peppe Nucera alle 10 di domani, domenica 15 settembre, nell'Aula magna "Quistelli" dell'Università "Mediterranea", nel presentare "La Calabria che vogliamo" – il suo movimento, che già ha avuto una significativa esposizione nella Capitale nel giugno scorso – spiegherà che la "rivoluzione" che ha in mente per la Calabria, e che probabilmente lo porterà a candidarsi alla Presidenza della Regione, passa proprio per il ribaltamento della reputazione della nostra terra.

Con lui "nomi" come Alvisi o l'economista Maurizio Nicolai e significative voci calabresi e meridionali in genere, dal sindaco di Grisolia – borgo cosentino della Riviera dei Cedri – Antonello Longo al presidente della Fondazione "Mediterranea" Enzo Vitale, da Maurizio Ballistreri (promotore di "Siciliani verso la Costituente") a Walter Placida (da due mandati presidente di Confagricoltura Catanzaro, ma ben noto in politica come consigliere comunale e poi vicesindaco a Sellia Marina).

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Nucera, di movimenti in Calabria però ce n'è già un "botto". Non staremo a snocciolare i singoli nomi, ma spesso più che "dal basso" sembrano ritagliati sulla figura di singoli personaggi con ambizioni politiche... Perché allora "La Calabria che vogliamo", questo movimento in cosa è diverso?

«Questo fenomeno di tanti movimenti che nascono "dal basso" è un fatto fisiologico, venuto meno l'argine dei grandi partiti della Prima Repubblica. Io stesso sono di formazione socialista. Caduti quei partiti, ormai la gente non si sente più rappresentata e quindi cerca nel territorio di creare nuovi soggetti che possano incarnare le specificità e i bisogni di quel determinato territorio. La stessa Lega è nata da tante piccole realtà del Nord che poi si sono unite per fare qualcosa di più grande».

Resta il fatto che proprio la Lega era partner di Cinquestelle nel primo governo Conte: quello per il cui ministro per il Mezzogiorno Barbara Lezzi lei non ha certo avuto parole tenere... E ora che nel Conte-2 il M5S è al Governo col Pd, come valuta la presenza giusto di un sottosegretario calabrese su 63 tra ministri, viceministri e sottosegretari?

«Al di là della presenza di vari ministri anche meridionali, ormai è tutto il Sud a non aver voce in capitolo, e la Calabria particolarmente: è l'anello più debole. Al Nord, ma anche a Roma, quando si sente "Calabria" ognuno cerca di prendere le distanze; come se il calabrese fosse solo portatore d'interessi malavitosi. Assurdo. Ecco perché ritengo che nel futuro della Regione Calabria sia fondamentale un assessorato o un Dipartimento alla Reputazione: senza buona reputazione, non c'è attrazione degli investimenti, nessuno "sposa" chi non abbia una buona reputazione... Ecco allora che noi siamo costantemente penalizzati da una pessima reputazione creata ad arte nel tempo, inoculando forti pregiudizi».

...E?

«...E la classe politica calabrese ha fallito proprio qui: non abbiamo avuto una classe politica che riuscisse a farsi rispettare, per cui le negatività sono ricadute poi sull'intera collettività. Ma di cosa parlavano, i nostri uomini politici a Roma?, cosa rappresentavano? Si fossero occupati degli interessi economici, sociali, produttivi "puliti" della nostra gente, avrebbero avuto maggior rispetto; se invece uno va lì col cappello in mano e solo per chiedere prebende, non si può pretendere un esito diverso. Ecco allora perché nessun ministro calabrese...».

Ma questo ragionamento pochissimi anni fa, quando il reggino Marco Minniti era al Viminale ed era costantemente in cima alle classifiche di gradimento, non valeva? E non c'è stata grande stima e attenzione anche fuori dai confini calabresi verso i Riccardo Misasi, gli Italo Falcomatà, i Giacomo Mancini?

«Minniti? Ma i meridionali, e i calabresi soprattutto, come ricordano il suo breve periodo da ministro?, a quale importante opera pubblica per il territorio della Calabria lo legano? Io non ne ricordo una. Non era alle Infrastrutture, dice? Non è determinante. La strada per Polsi? A parte il fatto che è finanziata quasi esclusivamente dalla Regione, avessi potuto decidere io che a San Luca ho portato la cultura d'impresa, quella strada avrei scelto di non farla, perché chi va al Santuario mariano di Polsi abbraccia un percorso di religiosità molto particolare. Che poi un ministro debba avere una reputazione almeno accettabile dovrebbe essere la norma, anche se in Italia ormai vediamo di tutto: ma la reputazione di cui parlo io, quella che serve alla Calabria, è legata a un territorio e non certo a singole individualità, è legata all'assoluta necessità d'acquisire una precisa e rispettabile identità connessa a lavoro, occupazione, sviluppo».

Da chi ha guidato Confindustria sul territorio è una precisazione che ci si aspetta... Come si potrebbe ottenere quest'arduo risultato?

«Citerò il porto di Gioia Tauro che, da solo, con una gestione oculata potrebbe risolvere tanti dei problemi dei reggini e dei calabresi in chiave occupazionale ed economica. Ma quei rappresentanti della nostra terra, anche quelli che sono stati ministri, cos'hanno fatto perché diventasse un polo di sviluppo reale? Da reggino, fossi stato ministro, oltre che dei miei doveri d'ufficio io mi sarei occupato molto ma molto di più della mia città e della mia regione. E tuttora non capisco perché la causa di cinque imprenditori calabresi, ciascuno disposto a investire un milione di euro per affiancare Msc come soci di minoranza quando Contship cedette la mano, non sia stata supportata da un singolo consigliere o assessore regionale, da un singolo deputato o senatore o uomo di Governo».

Insomma, il "modello Salvini" non dispiace, le è gradito un ministro che magari fiuti gli umori della gente o esondi quotidianamente rispetto alle proprie competenze istituzionali. O no?

«La verità è che, Lega a parte, Matteo Salvini è un politico "movimentista": è sul territorio, vede, gira, dialoga... Non a caso il fenomeno-Lega s'è limitato a organizzare e incanalare la protesta precedentemente dispersa in mille rivoli. In Calabria tutto ciò non è avvenuto, perché i politici meridionali non hanno saputo organizzare il dissenso. "La Calabria che vogliamo", io la penso in chiave molto più larga, su una scala territoriale che potrebbe essere identificato nel Regno delle Due Sicilie ai tempi dei Borboni: e anche oggi la Macroregione può essere una prospettiva seria, anche se non d'immediata realizzabilità perché necessita di una riforma istituzionale, ma certo potrebbe incarnare un ottimo rimedio agli sprechi e all'inefficienza che sono stati la cifra del regionalismo in Italia, e al Sud in particolare. Mi auguro che "La Calabria che vogliamo" possa diventare un faro, un movimento-guida per poi operare un patto federativo con le altre regioni meridionali: del resto, anche da tour operator io sto elaborando un progetto che consenta alle 5 regioni del Sud di presentarsi sul mercato internazionale con un unico brand, legato alla Magna Grecia e alle nostre radici non solo storiche».

Perfetto, allora: adesso la Calabria ha nella pentastellata Anna Laura Orrico un sottosegretario alla Cultura... O no?

«Guardi, voglio essere molto chiaro: al posto della Orrico, io non accetterei l'incarico. Diventerà il bersaglio preferito di tutta la Calabria in quanto unico referente governativo di tutta la regione, non avendo peraltro avuto attribuite competenze abbastanza pregnanti per poter fare fronte alle istanze di un territorio così malmesso. Ma poi, se Pd e Cinquestelle oggettivamente hanno deciso di "far fuori" la Calabria anche rispetto al Conte-bis, secondo lei daranno spazio anche al sottosegretario più bravo del mondo?».

D'accordo, ma tornando alla Regione "a trazione Oliverio": cosa ne pensa?

«Intanto, la caratura tecnica di un assessore come Francesco Russo è fuori discussione: segnalo però che della vicenda del porto di Gioia Tauro e degli imprenditori calabresi che volevano entrare nella governance, anche lui s'è poi disinteressato completamente. Più in generale, e al di là di singoli assessori all'altezza, Oliverio ha fallito. E ci sono temi "caldissimi" come la Sanità su cui nessun calabrese ha capito perché il Presidente prima ha annunciato che si sarebbe incatenato per difendere i loro diritti e poi non l'ha fatto, perché non ha tutelato le realtà imprenditive private d'eccellenza, per quale motivo fosse così fondamentale per lui assumere il ruolo di commissario governativo del settore: non che mi siano piaciuti Scura o Cotticelli, per carità... Ma se riusciremo a prendere "il Palazzo d'Inverno", come ho ribattezzato il Palazzo della Regione di Germaneto, noi lo rivolteremo».

...Beh, non per citare ancòra una volta Minniti, ma proprio lui disse "rivolteremo la Calabria come un calzino" già ai tempi in cui i calabresi votarono in massa per Agazio Loiero. Non so se quest'auspicio, oggi, suoni felicissimo...

«La verità è che io la Calabria la giro e l'ho girata tantissimo. Inizialmente, con l'azione sindacale; poi, alla ricerca delle nostre mille produzioni tipiche. E poi venne il turismo perché mi resi conto che, per far prenotare un albergo a un mio amico qui da noi, dovevo rimandarlo a un tour operator romano: assurdo, serviva un'intermediazione turistica forte anche a queste latitudini. Tutto diverso... E comunque lo è anche in settori-chiave come la Sanità: ai miei tempi, il "Tiberio Evoli" di Melito Porto Salvo era un gioiellino, la verità è che la politica deve tenere le mani ben lontane da segmenti cruciali per la collettività come questo».

Nucera, noi però una cosa non possiamo certo ometterla. Lei è stato presidente di Confindustria e abbiamo avuto presidenti di Confindustria defenestrati per deficit di legalità, i loro successori defenestrati e accusati d'aver fatto peggio dei predecessori, rappresentanti delle categorie su scala reggina e calabrese colpiti da interdittive o indagati o arrestati... Visto che parla di reputazione, oggi la "nostra" Confindustria che reputazione ha? E, visto che ci siamo, cosa ci dice del suo successore Domenico Vecchio?

«Intanto, nell'ingegnere Vecchio, titolare d'impresa accreditata presso le Prefetture e al Viminale, Confindustria ha individuato l'opzione migliore che poteva esercitare. Quanto agli spiacevoli episodi citati, non si possono fare i processi fuori dai Tribunali: bisogna guardare ai fatti, sicuramente vengono contestati episodi gravissimi, aspettiamo che si facciano i processi».

D'accordo, ma la reputazione che c'entra coi processi? Il punto è: con tutto quello che è accaduto, quanta credibilità viene assegnata oggi al mondo confindustriale reggino e calabrese, ad avviso di uno che lo conosce alla perfezione?

«Mah... Confindustria Calabria è uno specchio di ciò che è la Calabria complessivamente, perché noi imprenditori che ne facciamo parte, volenti o nolenti, siamo soggetti calabresi che operano in Calabria. Bene o male, siamo un riflesso di questa realtà. Quindi la reputazione è pessima, dice lei? Mah, ognuno va al mulino col suo sacco: sotto la mia presidenza, per dire, per la prima volta un questore di Reggio Calabria ha preso parte al Direttivo di Confindustria, su mio invito, e Confindustria Reggio decise di costituirsi parte civile nei processi per mafia».

...E quindi, mi sta dicendo che lo farà anche nei processi legati a operazioni recentissime come "Libro nero" in cui sono implicati qualificati esponenti di Confindustria come l'ex presidente regionale degli edili dell'Ance Francesco Berna?

«...Ma attualmente non sono io il presidente di Confindustria Reggio Calabria... Fossi io? Mi adeguerei ai codici etici confindustriali e, comunque, adotterei le deliberazioni secondo le scelte di un organismo collettivo, che vanno oltre i princìpi di una singola persona...»

«Non siamo legati ad alcun partito», dice del suo movimento con cui probabilmente si candiderà alla Presidenza della Regione. Però con Forza Reggio è stato legato per anni al centrodestra... Sicuro dell'equidistanza, oggi?

«Sono stato leader del Movimento studentesco reggino e poi, per anni, sindacalista della Cgil. Sono stato assessore comunale con Titti Licandro e con Pietro Battaglia: in anni in cui molti hanno avuto misure cautelari, processi, condanne non ho mai ricevuto neppure una comunicazione giudiziaria. Alla fine, ognuno si misura con la propria formazione e i propri Valori. Forza Reggio nacque sulla base di una petizione popolare con cui chiedemmo che, a due passi dal mare, alberghi importanti prendessero il posto di alcuni istituti scolastici: Scopelliti firmò un accordo in questo senso, senza poi rispettarlo e proprio questo c'indusse a disdettare quell'intesa politica. In passato, però, io ho viaggiato in autostop da Reggio Calabria fino a Stoccolma col "Libretto Rosso" di Mao Zedong in tasca, e sai qual era la massima più citata di Mao "Tse Tung", come veniva chiamato allora? "Non importa di che colore è il gatto, l'importante è che prenda i topi". E io le rispondo così: a me ormai non importa assolutamente se al timone su scala nazionale o locale c'è Fratelli d'Italia o Cinquestelle, il Partito democratico o la Lega o Forza Italia: l'importante è che facciano qualcosa di decisivo per il riscatto dei calabresi».

Abbiamo parlato in modo diretto e indiretto di Regione e di Mario Oliverio. Se "La Calabria che vogliamo" volesse partecipare alle Primarie "istituzionali", dovrebbe allestire una lista in 15 giorni, lo sa?

«...Ammesso che si decida di partecipare alle Regionali, noi alle Primarie "istituzionali" non prenderemo parte. Anche volendo, in quei tempi non potremmo mai riuscire ad approntare una lista; il movimento sta nascendo adesso. Ma soprattutto, non ne vedo il motivo. Io credo che Mario Oliverio vi abbia fatto ricorso per un "gioco di pressione" sul suo partito, il Pd, che non vuole ricandidarlo mentre lui è intenzionato a riproporsi: ma dovrebbe capire che perfino un politico di professione, come lui indubbiamente è, in 40 anni da deputato, uomo di Governo, presidente della Provincia di Cosenza, presidente della Regione è indubbiamente in grado di esprimerlo. Certo, ricandidarsi resta una sua libera scelta; secondo me, però, adesso dovrebbe fare un passo indietro, visto che glielo chiede anche il suo partito... Dopodiché, ogni scelta personale va rispettata».