Catanzaro, Pisano ricorda il rapimento di Aldo Moro e guarda al futuro del Paese: "Niente è perduto"

"Domani ricorrono i 40 anni dal rapimento di Aldo Moro. Per questo motivo sento la necessità di ricordare uno dei leader più importanti della Democrazia cristiana e della politica italiana del Novecento. So bene, essendo nato proprio negli anni in cui Moro e Berlinguer provavano a dar vita al "compromesso storico", che non posso parlare affatto in prima persona. Né posso provare ad avvicinarmi alla statura morale, politica e umana del grande intellettuale, nel senso gramsciano del termine, che è stato Moro. Ma non posso evitare alcune considerazioni". Lo scrive il capogruppo di "Officine del Sud" Giuseppe Pisano.

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"Quando le Br lo hanno rapito, massacrando la scorta, stava per nascere un nuovo governo a guida Andreotti. Adesso siamo nella stessa fase: aspettiamo che si formi un nuovo governo, che sia di scopo e a tempo poco importa, vedremo cosa succederà. Dal 1978 ad oggi cosa è cambiato? Poco o nulla. Nella sanità come nel lavoro, nell'economia come nell'ambiente, la politica tutta non ha fatto altro che deludere il popolo umiliandolo con scelte scellerate, frustrando i pensieri e le speranze di ogni singolo cittadino. Ora sta per aprirsi un'era pentastellata, con il Movimento che ha acquisito il diritto di governare con quell'incoscienza di fondo che, in altri casi, né il centrodestra, né il centrosinistra sono stati capaci di avere. Ma la volontà di aprire un "compromesso storico" quarant'anni fa non era essa stessa un'idea incosciente? Sia chiaro, politicamente parlando non ho nulla a che spartire con i Cinquestelle, però adesso loro hanno l'obbligo di governare: lo facciano. Ma spero, ovviamente, che da destra e da sinistra vengano fuori nuove idee, si ritorni alle sezioni nei territori, si ripensi a una politica che parta dal basso ma punti verso l'alto. Proprio come accadeva all'epoca di Moro e Berlinguer.

Concludo la mia riflessione con alcuni stralci, suggestivi e commoventi, della lettera che Aldo Moro ha scritto a Zaccagnini poco prima di morire: "Ricordate, e lo ricordino tutte le forze politiche, che la Costituzione Repubblicana, come primo segno di novità, ha annullato la pena di morte. Così, cari amici, si verrebbe a reintrodurre, non facendo nulla per impedirla, facendo con la propria inerzia, insensibilità e rispetto cieco della ragion di Stato che essa sia di nuovo, di fatto, nel nostro ordinamento. Ecco nell'Italia democratica del 1978, nell'Italia del Beccaria, come nei secoli passati, io sono condannato a morte. Che la condanna sia eseguita, dipende da voi. A voi chiedo almeno che la grazia mi sia concessa; mi sia concesso almeno, come tu Zaccagnini sai, per essenziali ragioni di essere curata, assistita, guidata che ha la mia famiglia. La mia angoscia in questo momento sarebbe di lasciarla sola - e non può essere sola – per l'incapacità del mio partito ad assumere le sue responsabilità, a fare un atto di coraggio e responsabilità insieme (...) Se voi non intervenite, sarebbe scritta una pagina agghiacciante nella storia d'Italia. Il mio sangue ricadrebbe su di voi, sul partito, sul Paese. Pensateci bene cari amici. Siate indipendenti. Non guardate al domani, ma al dopo domani (...) Se la pietà prevale, il Paese non è finito".