Le mani di Orazio De Stefano sul business dei rifiuti a Reggio Calabria

destefanoorazio600di Claudio Cordova - Storicamente, la cosca De Stefano è sempre stata frazionata e, in alcuni periodi, dilaniata da attriti interni. Da un lato l'ala del Capo Crimine, l'indiscusso capo della 'ndrangheta reggina, Giuseppe De Stefano, dall'altra lo zio Orazio, membro influente del clan, ma più vicino alla famiglia Tegano, anche in virtù dei rapporti di parentela. Rapporti di forza che vengono ribaditi dall'indagine "Trash", con cui la Dda di Reggio Calabria ha ricostruito l'infiltrazione dei De Stefano nel ciclo dei rifiuti. L'ascesa di Peppe De Stefano ha ovviamente comportato la ricollocazione della figura dello zio Orazio, e dei soggetti a lui più strettamente collegati, nelle dinamiche criminali evolute degli ultimi anni: il ruolo di Orazio De Stefano è rimasto di grande rilievo non solo per effetto dei rapporti di parentela con i vertici della cosca Tegano, inserita nel direttorio attraverso lo stesso Giovanni Tegano, ma anche e soprattutto in quanto soggetto interessato alla gestione di specifici affari, come quelli connessi alla raccolta differenziata affidata a FATA MORGANA S.p.a., in grado di comportare ricadute di ben più ampia portata in un quadro programmatico destinato ad estendere il programma criminoso della predetta organizzazione criminale negli ambiti strategici di maggior interesse – con particolare riferimento a quelli politici, istituzionali, professionali, informativi, finanziari, imprenditoriali, bancari ed economici.

Una forza che l'unico sopravvissuto dei quattro fratelli De Stefano, uccisi tra prima e seconda guerra di 'ndrangheta riuscirà ad affermare soprattutto grazie al ruolo rivestito dal nipote prediletto, Paolo Rosario Caponera De Stefano, figlio legittimo del fratello Giorgio, riconosciuto nella famiglia negli scorsi anni.

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Del ruolo di Orazio De Stefano parlano, già negli anni passati, diversi collaboratori di giustizia: da Nino Fiume e Giovanni Battista Fracapane, sicari del clan De Stefano, a Roberto Moio, nipote dei Tegano. Oggi si aggiungono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Aiello (ex direttore operativo della Fata Morgan) e dell'imprenditore Roberto Lucibello. Costui, infatti, riferendo quanto appresso da Paolo Caponera (uno dei soggetti fermati nel blitz di oggi), ha indicato l'esistenza di un patto spartitorio tra le cosche di ndrangheta che aveva impegnato, tra gli altri Orazio De Stefano e Giovanni Fontana, con il primo che assicurava alla sua cosca l'infiltrazione nel settore della raccolta differenziata dei rifiuti, mentre il secondo si accaparrava quello della raccolta indifferenziata dei rifiuti con la Leonia. Si tratta, quindi, di dichiarazioni che innestandosi perfettamente nel citato quadro probatorio già denso e pregno di chiarissimi elementi dimostrativi, definiscono ulteriormente per un verso il ruolo dirigenziale di Orazio De Stefano, per altro verso gli specifici patti criminali, intorno ai quali ruotava il business della raccolta dei rifiuti in Reggio Calabria.

Il ruolo di De Stefano nel business rifiuti non si sarebbe limitato al solo inserimento occulto della cosca nelle società create ad hoc da Andrea Saraceno (altro soggetto fermato oggi) per accaparrarsi gli appalti e le commesse pubbliche così come viene documentato, oltre che tramite le dichiarazioni di Fracapane, nell'inchiesta "Number One", condotta dalla Squadra Mobile nel 2005. A lui spetta la funzione di rappresentanza della cosca nel prendere accordi con le altre famiglie mafiose, così come è avvenuto nel caso del patto siglato con i Fontana. L'imprenditore Lucibello nell'affrontare e descrivere le vicende accadute nel 2009 in fase di rinnovo del contratto alla LEONIA che, in quel periodo, operava insieme alla FATAMORGANA su Reggio Calabria, riferisce di un incontro avvenuto tra Paolo Caponera e Giovanni Fontana (indicato per essere "il padre") teso a ribadire l'esistenza e la validità di un vecchio accordo che era stato preso in epoca precedente - tuttavia non precisata da Lucibello - tra Orazio De Stefano ed il vertice della famiglia Fontana, finalizzato a regolamentare la gestione della raccolta dei rifiuti con ripartizione dei proventi tra le rispettive cosche mafiose dagli stessi rappresentate. All'incontro tra Caponera e Fontana ne sarebbe dovuto seguire un successivo, di livello tecnico, tra Bruno De Caria (direttore operativo della Leonia, già condannato in primo grado per associazione mafiosa) e Salvatore Aiello che, rappresentando, in quel momento, le due società a partecipazione pubblica operanti sul campo, erano coloro che avrebbero dovuto dare esecuzione a tale "antico" accordo criminale, rispettandone i contenuti stabiliti, in origine, dalle due famiglie mafiose che così potevano contare sull'influenza esercitata da una parte su Leonia (i Fontana) e dall'altra sulla FATAMORGANA (i De Stefano)

Dal racconto di Lucibello: "Caponera si è incontrato con Fontana, padre, per accordarsi, adesso io non so né dove né...è una cosa che mi ha detto lui così en passant, che si era visto con questo per accordarsi della gara di Fatamorgana. Mi sembra che gli abbia detto, adesso...non ricordo per bene un passaggio però...che si dovevano incontrare De Caria e Aiello, per mettersi d'accordo, per i Fontana andava bene accordarsi però si dovevano mettere d'accordo Aiello e De Caria, però, poi, non so neanche se si sono incontrati o che cosa sia successo"/mi sembra che gli abbia detto, è un passaggio che non ricordo bene, mi sembra che gli abbia detto che dovevano fare riferimento agli accordi che aveva preso suo zio Orazio con lui. Voce maschile: Orazio, chi? LUCIBELLO: De Stefano. P. M.: con lui, Fontana sempre? LUCIBELLO: sì. Voce maschile 2: con Fontana padre, quindi Giovanni Fontana?").

Significativo, peraltro, come nelle convergenti dichiarazioni rese da Aiello e Lucibello, le intimidazioni subite, affinchè le imprese rispettive da loro dirette, si piegassero all'infiltrazione imposta da esponenti della cosca De Stefano è risalente agli inizi degli anni 2000, quando cioè Orazio De Stefano era ancora latitante e Paolo Rosario De Stefano lo rappresentava sul territorio.

Sarebbero riferibili ai De Stefano azioni e messaggi intimidatori che, sin dagli albori degli anni 2000, hanno caratterizzato il metodo mafioso d'infiltrazione del settore della raccolta dei rifiuti. Le vicissitudini narrate da Lucibello trovano, in prima battuta, quale autore delle condotte criminali di minacce, danneggiamenti, furti e intimidazioni ai suoi danni, la persona di Saraceno, affiliato di rilievo della cosca, essendo un uomo di fiducia di Orazio De Stefano. L'esasperazione di Lucibello era tale da avere ingenerato un forte stato di tensione e paura anche negli altri membri della sua stessa famiglia. Nello specifico, l'anziano padre dell'imprenditore, stanco delle vessazioni esercitate da Saraceno nei suoi confronti, era arrivato persino a scagliare all'indirizzo di quest'ultimo un martello. Agli atti dell'inchiesta "Trash", curata dai pm Antonio De Bernardo, Stefano Musolino e Giuseppe Lombardo, le dichiarazioni dell'imprenditore che parla di una serie di intimidazioni ai suoi danni consistite sia in minacce telefoniche ("ditegli a Lucibello di fare quello che dice De Caria sennò gli stacchiamo la testa") che in condotte che mettevano a serio repentaglio la sua incolumità, come nel caso del tentativo di speronamento da lui subìto in autostrada proprio in quel periodo, nel tentativo di farlo desistere dal continuare la vertenza legale che egli aveva iniziato.

E' l'incontro tra Paolo Rosario De Stefano e Salvatore Aiello a sancire, all'esito di una trattativa sulla percentuale da pagare (oscillante tra il 7 ed il 5 per cento), un accordo secondo cui FATAMORGANA avrebbe dovuto corrispondere mensilmente la cifra di 15 mila euro alla famiglia De Stefano. In tal modo, questi ultimi sarebbero intervenuti a "tutela" della società anche per problematiche insorte nei territori in cui insistono i 18 Comuni che aderivano al servizio reso da FATAMORGANA. E le dichiarazioni che sotto si riportano, rese dal Lucibello consentono di intendere come siffatta modalità operativa non sia cessata neppure dopo l'arresto di Orazio De Stefano, proseguendo sino al definitivo spolpamento della Fata Morgana S.p.a., condotta al fallimento. Lucibello si sofferma lungamente sulla posizione di vertice ricoperta da Orazio De Stefano, allorché egli illustra anche la figura della moglie Antonietta Benestare, la quale era stata conosciuta personalmente da lui in occasione delle diverse visite che effettuava nella casa di Paolo Caponera, laddove la presenza della donna era abituale: "Praticamente negli anni 2010, 2011, quelle volte che andavo a casa di Paolo Caponera, una presenza costante, costante, era la moglie... che mi è stata presentata, questa signora, mi è stata presentata come la moglie di Orazio De Stefano, che veniva trattata, come già detto, con molta referenza, con molto rispetto, diciamo che era una persona energica che notavo all'interno della casa aveva un atteggiamento di... più che di un ospite ecco... questa è la cosa che avevo notato... non dico di padrona di casa ma... siamo vicini, ecco... se non avessi avuto queste sensazioni io non le avrei detto niente, le avrei potuto dire semplicemente che era presente questa signora, però ho notato che era una presenza molto sentita e che lei quando parlava era ascoltata e parlava con dei toni decisi... P.M.: con autorevolezza LUCIBELLO: si, molto autorevole, quasi maschili diciamo ecco... questa è la cosa che proprio mi ha colpito..")

Interessanti, sulle dinamiche interne al clan De Stefano, le dichiarazioni rese da Aiello nel verbale d'interrogatorio del 26.4.2017:

"...

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): ..parliamo che era latitante, però parliamo quindi sempre di Paolo Rosario Caponera in De Stefano

AIELLO SALVATORE: si, ma già quando era latitante io non lo..diciamo..no lo vidi più, perché l'hanno fatto scomp..non l'ho visto più, parlavo già con Giungo e con coso, però prima della latitanza..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): con Giungo e con chi? lei lo ha già detto, però..

AIELLO SALVATORE: con Giungo e con Paolone..ehm..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): Caponera

AIELLO SALVATORE: con Paolone Caponera

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): aveva indicato anche un altro soggetto nei precedenti interrogatori..

AIELLO SALVATORE: di quelli che sono venuti a parlare con me c'eraaaa..poi in un certo periodo, per un certo periodo è venuto anche un certo Zappia..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): perfetto, Vincenzino Zappia

AIELLO SALVATORE: ufficialmente mi ha detto "io rappresento Peppe De Stefano" e ad un certo punto io mi sentì molto in difficoltà, perché come dire, la la..l'ultilità del mio accondiscendere a tutto era..a tutto ehm a quasi tutto..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): però mi faccia capire..mi faccia capire una cosa..

AIELLO SALVATORE: si

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): Vincenzino Zappia si presente quale rappresentante di Peppe De Stefano

AIELLO SALVATORE: solo di Peppe De Stefano

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): solo di Peppe De Stefano

AIELLO SALVATORE: si, accompagnato da Giungo

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): ..da Giungo, che invece rappresenta chi?

AIELLO SALVATORE: rappresentava sempre Paolo..Paolo..Paolo

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): Paolo Rosario

AIELLO SALVATORE: Paolo Rosario

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): Paolo Rosario Caponera De Stefano

AIELLO SALVATORE: si

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): quindi è come se entrambi volessero avere questo contatto, come se diciamo non si fidassero l'uno dell'altro, mi faccia capire..

AIELLO SALVATORE: no, non come se non si fidassero l'uno dell'altro, era proprio che non si fidavano dell'altro

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): ah ok (ride)

AIELLO SALVATORE: quindi era un periodo di transizione dove..dove diciamo sia l'uno che l'altro andavano n..mi viene un termine da dire, negli affari di famiglia (ride), ecco ora non vorrei suscitare la sua ilarità..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): ok, con lei è successo così..no, però dico, con lei è successo così

AIELLO SALVATORE: no ma era divertente perché si parlavano e si spiegavano, cioè dopo che parlavano con me io stavo zitto e loro spiegavano mezz'ora, cioè in questa mezz'ora che parlavano loro io sentivo i fatti loro, cioè che dicevo "ma cazzo me ne fotto di queste cose", cioè scusate ora per chi ci ascolta..ora che parlo in dialetto

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): si si (ride), no no

AIELLO SALVATORE: parlavano di..delle delle cose, che si spiegavano tra loro, prima mi ricordo nella fattispecie che già io ero direttore della Piana Ambiente che un..uno di Rosarno, un Bellocco, uno piccolino lo chiamavano "u pacciu", cioè era pazzo, ora non mi ricordo come si chiama..ehm..vantava..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): Bellocco non Pesce, è sicuro di questo?

AIELLO SALVATORE: no no, Bellocco si, Bellocco

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): si

AIELLO SALVATORE: ehm..vantava..ehm..vantava, diceva che gli dovevamo dare dei soldi come Piana Ambiente, che gli dovevamo dare soldi, insomma e non so come finì a chiedere questo incontro con i De Stefano, perché tengo a precisarlo Dottore, nell'ambiente del malavitoso i De Stefano dicevano a tutti che la proprietà della Fata Morgana era sua, cioè adesso non so come (incomprensibile), ma la proprietà è la sua. E questa cosa funzionava..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): cioè perché i Bellocco chiama i De Stefano per dire..

AIELLO SALVATORE: ..in quanto proprietario dell'azienda " tu vai in questa azienda e questo disgraziato che era attento all'azienda quindi lo conosce per forza, ci deve dare cose..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): e quindi avete fatto un incontro anche in questo caso?

AIELLO SALVATORE: si, abbiamo fatto un incontro a Gallico, no a Gallico scusi, ad Archi in via Santa Caterina vicino la Questura..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): l'ex Questura

AIELLO SALVATORE: l'ex Questura si, in un posto dove facevano..dove giocavano d'azzardo, non so, giocavano a carte perché c'erano tavolini verdi..cose, era un primo piano di un'abitazione storica e in questo caso..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): si e chi c'era oltre al Bellocco?

AIELLO SALVATORE: c'era ehm.. Bellocco, non mi ricordo il nome, comunque uno bassino..ehm Bellocco, Zappia, Giungo e io..

DOTT. STEFANO MUSOLINO (PM): ok e come si risolse questa..

AIELLO SALVATORE: si risolse che io mi chiusi subito a riccio, le spiego anche il perché, perché il Bellocco era molto incazzato, voleva già..va beh poi purtroppo per le vicissitudini della vita è successo che hanno chiesto i soldi, ha chiesto i soldi a me personalmente, purtroppo poi dopo tanti anni che è successo. Questo Giulio..ehm no non era Giulio, questo Bellocco piccolino, mi dice ehm.. " mi devi dare i soldi, parla parla con..con Giungo e con Zappia" , insomma si litigano, ad un certo punto Zappia mi va contro, perché Zappia dice " no tu devi prendere i soldi e darglieli", dissi " ma io che cazzo c'entro?". In quell'occasione Giungo mi difese, perché lui..ebbero questa discussione poi si alzarono andarono in giro, ne parlo ora in pochi minuti ma durò durò parecchio, si concordarono tra loro, fatto sta che poi non seppi più nulla, ma poi non seppi più nulla perché non ero più direttore di Piana Ambiente, quindi me ne andai da Gioia Tauro quindi, non avevo più nulla per come sapere..