Il retroscena. Rosy Bindi, Reggio e la polpetta avvelenata…

bindirosydi Claudio Cordova - Lei si è detta "onorata" di essere candidata in Calabria. Quella Calabria che sarebbe dovuta essere "figlia prediletta" di Romano Prodi, del cui Governo ha fatto parte. Ma, lasciando stare le dichiarazioni da libro Cuore, la presenza di Rosy Bindi in Calabria, per le primarie del Partito Democratico che si terranno tra qualche giorno e che definiranno le candidature per le prossime elezioni politiche, non può non essere vista per quella che è: un'imposizione romana, una scelta scesa dalla Capitale sul territorio. Quel territorio con cui Bindi, Presidente dell'Assemblea nazionale del Pd, "c'azzecca" molto poco.

Una scelta calata d'alto, come tante sono piombate, negli anni, sulla Calabria, regione da sempre colonizzata da questo o da quello "straniero". Alla "derogata" Rosy Bindi, che, se le parole del Pd valessero qualcosa, dopo lustri di attività parlamentare, avrebbe dovuto abbandonare la poltrona, è stata concessa dal partito la possibilità di restare in pista.

Sì, perché per alcuni parlamentari, la poltrona di cui sopra di questo passo la si dovrà consegnare, d'ufficio, per usucapione.

Da Reggio Calabria dovranno uscire due nomi. E se, da un lato, Demetrio Battaglia sembra essere più che favorito, anche a dispetto della presenza autorevole dell'ex presidente della Provincia di Reggio Calabria, Pinone Morabito, tra le donne la presenza di Bindi è piuttosto ingombrante. A Rosy Bindi serviva una candidatura "blindata" e così i colonnelli del Pd le hanno cucito su misura un posticino nella placida Reggio Calabria, una città che, evidentemente, fornirebbe diverse garanzie per la cattolica Bindi. Che comunque dovrà vedersela con Cristina Commisso, appoggiata soprattutto dall'area giovanile del partito, e con Consuelo Nava, attivista che, sebbene si tratti, comunque, di primarie rivolte, di fatto, a membri di partito o comunque simpatizzanti, ha dalla sua parte la capacità di "sfondare" tra la cosiddetta "società civile".

Insomma, dopo aver ottenuto la deroga, Rosy Bindi non può di certo permettersi di fare figuracce. Deve uscir fuori dal gruppone e deve farlo bene, con un'affermazione importante in termini di preferenze, per la sua stessa credibilità e per quella dei suoi sponsor romani e locali. Per intenderci, meglio dieci voti in più a Bindi che a qualsiasi altro dei candidati. E la Calabria, Reggio Calabria, sembrano proprio il posto giusto. Qualche voce dal centrodestra, infatti, ha parlato di ennesima colonizzazione del territorio, ma dal Pd, almeno ufficialmente, pur ribadendo la propria fedeltà al partito, l'unico a smarcarsi, ritirando la propria candidatura, è stato Massimo Canale, già candidato sindaco, che, "per evitare fratture interne" ha deciso di farsi da parte, in attesa, evidentemente, di quello che sarà della città al termine del periodo di commissariamento del Comune.

Non a caso, dunque, per la "derogata" Bindi è stata scelta Reggio Calabria. Altrove, infatti, il rischio di polpette avvelenate, di cadute che fanno rumore, sarebbe stato più alto. E la città in questione sarebbe passata alla storia come città che rifiuta le colonizzazioni e che, anzi, guarda al futuro, mettendo da parte, attraverso lo strumento principe, il voto, i "Matusalemme" della politica.

Magari qui, qualcuno ci aveva pure pensato. Meno male che queste cose a Reggio non accadono...