Oliverio, il Pd e l’orchestra del Titanic

oliverio mariocr500di Pasquale Cotroneo - Sono giorni difficili quelli vissuti dal Partito Democratico calabrese, che come accade a livello nazionale, sta facendo i conti al suo interno dopo la scoppola sonora ricevuta alle scorse elezioni del 4 marzo.

Sbarazzatosi di Magorno, segretario regionale più croce che delizia degli ultimi anni, che formalmente ha iniziato svolgere il solo ruolo di Senatore della Repubblica, deve però confrontarsi col volere del Governatore Mario Oliverio.

Questi, nonostante gli scandali che hanno coinvolto il proprio esecutivo, nonostante l'incapacità manifesta nel dare una sterzata alla macchina amministrativa calabrese da troppo tempo ingolfata, ha già fissato il proprio obiettivo: ricandidarsi nel 2019 e continuare, elettori permettendo, nel proprio cammino alla guida della Regione Calabria.

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E' per questo che in questi giorni è già stata avviata la fase di potatura dei rami secchi, con i possibili antagonisti del Governatore messi all'angolo e "invitati", presumibilmente, a sostenere il Presidente della Giunta, anche alla luce delle scelte per le prossime candidature alle Regionali del prossimo anno.

E' in questo senso che va la riunione di oggi (21 marzo) durante la quale la maggioranza, secondo quanto comunicato da Sebi Romeo, Giuseppe Guidiceandrea, Orlandino Greco, Giovanni Nucera e Flora Sculco, farà una "analisi della situazione politico amministrativa e definirà la nuova fase".

Sempre di questi giorni è inoltre la scelta di nominare Francesco D'Agostino, imprenditore accusato e poi assolto di avere legami con la 'ndrangheta, alla guida della Commissione "Riforme" attraverso i soli voti della maggioranza, ed escludendo di fatti gli ex Ncd facenti capo ai Gentile, che dall'inizio della legislatura avevano fatto da stampella all'amministrazione di centrosinistra guidata da Oliverio.

Una scelta forte che ha provocato le ire del presidente uscente della Commissione, Sinibaldo Esposito, che ha parlato di "vera e propria presa della bastiglia".

Quello che emerge, prova di forza politica a parte, è che parte dei democratici calabresi non ha ben chiara la situazione di crisi profonda in cui è crollato il partito.

Molto più ludica l'analisi di chi, invece, come Dems Calabria, non ha esitato ad affermare che il Pd in Calabria non esiste più.

"Una visione feudale e padronale del Partito lo ha ridotto a un organismo che è diventato una sommatoria di dirigenti del Pd cooptati nelle segreterie particolari degli assessori regionali della Giunta Oliverio, costretti a ossequiare il potente di turno. Tutto ciò è stato accompagnato dal passaggio di armi e bagagli verso il renzismo che è sembrato un altro episodio di trasformismo meridionale, accattone e subalterno a logiche di potere che non hanno fatto altro che rendere marginale il Mezzogiorno per accaparrarsi qualche prebenda" hanno scritto in una nota successiva al 4 marzo.

Un partito, quello democratico, in cui, concretamente, non esiste ormai da anni un dibattito politico aperto, in cui la linea viene dettata quasi sempre da chi occupa le cariche istituzionali. E in cui i vecchi dinosauri della politica di professione continuano a prevalere.

Vecchio e fuori dal contesto, come l'orchestra del Titanic. Che continua a suonare, come se niente fosse, anche mentre affonda. Senza rendersi conto di quanto sorde siano le orecchie dei cittadini davanti ad una melodia così stonata come quella prodotta dalla classe dirigente dei democratici calabresi.

E Oliverio, dal canto suo, continua a fingere di non capire; continua a tirare dritto per la sua strada, ignorando l'unica cosa che sarebbe più opportuno fare: un passo indietro