Per colpa di chi chi chi chicchichirichi?

salvinicontedimaio2di Simone Carullo - Finalmente la comicrisi di governo, dai lidi e dalle spiagge, è finalmente giunta dal Presidente della Repubblica, il quale è chiamato ad un delicato passaggio istituzionale che, in un modo o nell'altro, cambierà l'assetto politico del Paese. Le facili previsioni danno per favorito un accordo di responsabilità, sebbene alquanto strampalato, tra M5S e Pd. Pur con tutti i dubbi sulla compatibilità delle due fazioni, si tratterebbe, comunque, di un governo assolutamente legittimo e nel pieno del solco della prassi costituzionale. Si ricordi che lo stesso governo gialloverde non è nato alle urne, ma bensì da un accordo parlamentare in cui due competitori si sono alleati, gli uni per governare, gli altri per puro opportunismo.

L'intesa Salvini – Di Maio, siglata dal famoso Contratto di governo (presto tradito dal primo), e dunque battezzata secondo la formula auto promozionale del "Governo del Cambiamento", ha dato il via ad un'esperienza parlamentare tra le più comiche e disastrose di sempre. Litigi o falsi litigi hanno accompagnato gli italiani, i quali (a dire il vero) ben poco si sono curati dell'assurdo al potere, per quasi un anno e mezzo. "Leggi illiberali", come le ha definite il senatore del Gruppo Misto Gregorio De Falco, parole d'ordine inquietanti, l'instaurazione di un clima d'odio e di approssimazione, pasticci normativi, manovre in deficit, clausole di salvaguardia come tagliole sulla testa del Paese, decrescita, spopolamento, segni negativi ovunque (Pil, produzione industriale) e via discorrendo.
È la narrazione di un anno e mezzo di capriole semantiche e contraddizioni, scelte sciagurate e senza scrupoli, marce indietro e ripensamenti, tradimenti di principi, promesse, coscienze, che hanno spinto i 5 Stelle sull'orlo dell'estinzione e la Lega in cima ai sondaggi. E sarebbe utile, a questo punto, domandarsi il perché ed il percome di tale scenario. È proprio per questo motivo che, se l'ipotesi dell'intesa M5S – Pd non si realizzasse, è facile prevedere un ritorno al voto il cui esito sarebbe evidentemente un governo Lega - Fratelli d'Italia, con Salvini Presidente del Consiglio e magari la Meloni ministro degli Interni. Inoltre, al leader della Lega resterebbe comunque in mano il jolly Forza Italia. Impaziente d'entrare nel governo della destra, il partito di Berlusconi potrebbe rappresentare il vero ago della bilancia in uno scenario in cui due coalizioni, una delle quali non si scorge all'orizzonte, arrivassero ad equivalersi.
Ma torniamo, per una breve parentesi, all'ipotesi dell'accordo giallorosso. Sarebbe forse questo l'ennesimo capolavoro strategico di Matteo Salvini, una volpe neanche troppo brillante che, però, ha avuto a che fare con colleghi sprovveduti quando non del tutto improvvisati. A causa dei giochi di potere dell'ex ministro degli Interni, un eventuale governo M5S-Pd si troverebbe infatti ad affrontare - in una situazione economica quasi disastrosa, retaggio delle promesse elettorali degli stessi Salvini e Di Maio - una delle Leggi di Bilancio più difficili di sempre. Si dovrebbero cioè trovare 28 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva e non si intravede altra soluzione se non quella di prelevarli direttamente dalle tasche dei contribuenti.
Il capo della Lega avrebbe, così, buon gioco nel muovere la solita accusa ai rivali, ovvero quella di alzare le tasse quando lui, invece, avrebbe fatto la Flat Tax. Spregiudicato com'è, arriverebbe perfino ad affermare di essere stato estromesso dal governo (ecco spiegato il motivo del ritiro quasi schizofrenico della mozione di sfiducia contro il Presidente Conte) per un intrigo di potere, mentre è noto, che la crisi è solo opera sua e della brama di potere. Voler capitalizzare il consenso, in politica, è anche legittimo, nondimeno si dimentica troppo di sovente che la politica è soprattutto spirito di servizio e senso di responsabilità nei confronti dello Stato e delle Istituzioni. Tutto questo manca ed è mancato a Matteo Salvini, il quale ha innescato una crisi tra le più cruente della storia d'Italia, non fosse altro per il surplus di toni pesanti che la comunicazione a mezzo social porta con sé, senza nessun altro orizzonte se non il Potere per il gusto del Potere.

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Ma veniamo al titolo: la questione della responsabilità politica di questa crisi d'agosto non va affatto sottovalutata. E non va sottovalutata in primo luogo perché, nonostante tutto, il governo gialloverde raccoglieva il gradimento degli elettori, ragion per cui stabilire a chi attribuire il torto vorrebbe dire anche individuare il traditore dell'elettorato. In secondo luogo ci sarebbe in ballo una "nuova verginità" da spendere alle prossime elezioni. Tutto questo spiega il perché Salvini abbia grossolanamente tentato di far passare l'idea che il governo sarebbe caduto a causa di un accordo segreto e pregresso tra Cinque Stelle e Pd. Ma se così fosse, non sarebbero state certo le scaramucce sulla TAV a scatenare la crisi, bensì il passaggio critico del Decreto Sicurezza Bis.

In parte lo abbiamo già detto, se si guarda solo esclusivamente alla crisi, la responsabilità non può dunque che essere attribuita alla Lega ed al suo "capitano". Tuttavia, se si valuta l'esperienza gialloverde nel suo complesso, è del tutto evidente che il suo destino era già scritto fin dall'inizio e che i Cinque Stelle abbiano gravi colpe nell'aver permesso che una stagione politica di tal sorta avesse luogo. I Cinque Stelle sono macchiati dal peccato originale di essersi alleati con un partito che fino al giorno prima disprezzavano aspramente. Hanno avuto la colpa - gravissima - di essersi appiattiti sulle posizioni della Lega circa temi cruciali quali l'immigrazione e la sicurezza. Si sono fatti amabilmente fagocitare, erodere, defraudare di ogni consenso e credibilità. Hanno la terribile responsabilità di aver difeso e protetto l'ex ministro degli Interni dal processo sul "caso Diciotti" e poi, perfino, dal "Russiagate". Ricordiamo come se fosse ieri quando Di Maio e Conte, in testa, hanno dichiarato che le decisioni sul sequestro della nave Diciotti sono state prese collegialmente, assumendosi così la responsabilità politica di un probabile reato commesso, contro le persone, dal loro alleato di governo.

Il Presidente del Consiglio, professor avvocato Giuseppe Conte, si è inoltre prestato all'umiliante prova di riferire al Parlamento su un ipotetico quanto gravissimo caso di corruzione, la vicenda dei soldi russi, in cui è implicato sempre l'ex ministro, di fatto risparmiandogli quello che era un passaggio doveroso nel rispetto della Nazione e delle Istituzioni parlamentari. Si aggiungano il caso Siri, i 49 milioni e via dicendo.

Che ieri il Presidente Conte sia infine passato all'attacco appare, dunque, quantomeno tardivo, come tardive sono le dichiarazioni di Nicola Morra circa l'uso strumentale dei simboli religiosi, cosa che Salvini usa fare fin dalla campagna elettorale, e tardivi sono i vari comunicati in cui i Cinque Stelle attaccano la Lega ed il suo capo politico. Si sono forse svegliasti solo adesso dal lungo sonno sulle poltrone del potere?