Pd: se ci sei batti un colpo

porta-bussaredi Nino Mallamaci* - Molti dicono che in questo momento si dovrebbe pensare solo a come investire le somme che arriveranno dall'Europa - un indubbio successo del governo e del presidente del Consiglio, pur se agevolato certamente dall'autorevolezza del Presidente della Repubblica e da altre circostanze favorevoli - e decidere, spero in senso positivo, sull'utilizzo del MES. Ma un problema politico enorme, che non può essere sottaciuto, è quello del ruolo del PD, del suo peso, della sua capacità di indirizzare l'azione dell'esecutivo. E' chiaro, ormai, che il partito democratico è prigioniero della scelta compiuta un anno fa. Scelta sofferta ma, per come si erano messe le cose, obbligata; compiuta, peraltro, sbandierando ai quattro venti la volontà e la necessità di agire "in netta discontinuità rispetto al governo giallo verde". Questa frase l'abbiamo sentita mille volte, pronunciata con piglio deciso, ma solo nei primi giorni dopo la nascita del Conte bis. Fatto il governo, Zingaretti e i suoi hanno fatto presto ad adagiarsi sulla solita formula del tirare a campare. Certo, gli eventi successivi non sono stati d'aiuto. Tuttavia, chiunque sia dotato di un minimo di obiettività non può non vedere che l'auspicata discontinuità è sparita dall'orizzonte molto presto, come nel caso, eclatante e irritante, dei decreti (in)sicurezza. Rinvio dopo rinvio, siamo arrivati quasi alla prima candelina dell'esecutivo giallorosso (un rosso sbiadito, a dire il vero), e la situazione di stallo sembra destinata a perpetuarsi ancora per chissà quanto. E' bastato, infatti, il prevedibile aumento degli sbarchi sulle nostre coste, per spingere i 5 stelle a mettere in secondo piano il problema, riprendendo come se nulla fosse, utilizzando il pretesto della pandemia, il solito approccio finto - securitario. Sono gli sbarchi a mettere a repentaglio il rallentamento della diffusione del covid? Assolutamente no! Non bastano pochi casi per paventare un ritorno in grande stile del virus. I pochi casi, però, sono più che sufficienti per alimentare la paura e la campagna terroristica, che però i 5 stelle dovrebbero lasciare alle usuali sparate di Salvini e Meloni. E invece, si assiste al riallineamento del ministro degli Esteri sulle posizioni leghiste e sovraniste senza che il PD, soprattutto, ma anche LEU e IV, trovino la forza e il coraggio per dire basta una volta per tutte.

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Altro banco di prova, per il povero PD, è la legge elettorale. E anche su questa dirimente questione, esso si dimostra debole, tentennante, timoroso. Un soggetto politico che ha cambiato di 360 gradi posizione sulla riduzione del numero dei parlamentari, votandola in aula e schierandosi per il sì al referendum, solo dopo aver ottenuto l'impegno a cambiare la legge elettorale, si ritrova ora, a poco più di un mese dalla consultazione, con un pugno di mosche in mano. Come affermano molti costituzionalisti e politologi, la riduzione secca dei parlamentari porterà con sé, se non accompagnata da una legge elettorale che assicuri un'adeguata rappresentanza territoriale e politica, un autentico vulnus alla democrazia italiana. Nonostante ciò, il PD non riesce a imporre il rispetto dei patti, e una vittoria del sì, senza il varo della riforma, costituirà un trionfo e un tonfo sordo, rispettivamente per grillini e democratici.

Per l'utilizzo del MES, infine, si continua col rinvio: un'arte nella quale Conte si rivela, giorno dopo giorno, degno erede dei Forlani e dei dorotei democristiani. Il rischio è quello di rinunciare a una provvista di denaro investibile in tempi brevi, e a costi vantagiosissimi, in attesa delle provvidenze del recovery fund che arriveranno come minimo, sempre se l'Italia sarà all'altezza di redigere programmi seri e credibili, l'anno prossimo.

Insomma, un cambio di rotta si impone, qui ed ora. A meno che il PD non voglia rinunciare definitivamente al proprio ruolo e lasciare nelle mani di un neofita, abile finché vogliamo ma non certo uno statista, e a un soggetto politico privo di radici politiche, culturali e territoriali, la gestione di una fase la cui complessità può essere paragonata solo alla ricostruzione post secondo conflitto mondiale. A loro, o a una maggioranza di destra, a quel punto legittimata dal fallimento dell'esperienza in corso.

*scrittore e avvocato