Uniti è meglio

I piccoli centri urbani sperimentano da anni una progressiva diminuzione della loro popolazione che ha per prima e diretta conseguenza una crescente difficoltà nell'erogazione dei servizi essenziali. La maggiore disponibilità di personale aggiornato e le economie di scala conseguibili dall'ampliamento del bacino d'utenza sono un forte incentivo alla cooperazione. Questo spiega perché le unioni attualmente in vita fra Comuni italiani siano 537 ed interessino oltre 12 milioni di Italiani (fonte: Ancitel 2018); in testa è il Piemonte con 108 unioni, seguito dalla Lombardia che ne ha 80. La Calabria è agli ultimi posti con 10 unioni, una sola delle quali, quella dei comuni della Valle del Torbido, si trova all'interno della Città Metropolitana di Reggio Calabria. L'unione di Comuni accorpa alcuni servizi ad un livello superiore per realizzare la riduzione dei costi fissi di gestione ma, mantenendo in vita le identità comunali, non sfugge ad una maggiore complessità dei processi decisionali.

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Economie maggiori si ottengono dalla fusione amministrativa, vale a dire con la costituzione di un unico ente nel quale vengono aggregate tutte le risorse finanziarie, umane e tecniche dei preesistenti comuni. Le fusioni eliminano il rischio di duplicazioni o di conflitti in quanto tutte le strutture comunali - gli organi istituzionali in primis – non restano, come nelle unioni, all'interno dei singoli Comuni. La rappresentanza politica dei Comuni fusi, espressione di un territorio più vasto, accresce inoltre il peso e la capacità di negoziazione con gli organi di livello superiore.

Per favorire le fusioni il legislatore ha previsto alcuni incentivi, anzitutto i contributi straordinari statali erogati per i dieci anni successivi alla costituzione del Comune nato da fusione e che la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) ha previsto pari al 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010 (nel limite degli stanziamenti finanziari previsti e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro), ulteriormente aumentati al 60% dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017). Inoltre, rientrano tra le disposizioni favorevoli quelle contenute all'interno della legge n. 56/2014 e della legge n. 190/2014 dove, tra le altre cose, si prevedono la possibilità di più ampi margini di indebitamento e minori limitazioni nelle facoltà di assunzione del personale. A questi benefici si devono aggiungere i contributi regionali, disciplinati in Calabria dalla LR n. 15/2006. Nell'ultimo decennio in tutta Italia sono state approvate 109 fusioni con la contestuale soppressione di 264 comuni (fonte: Tuttitalia.it). Le regioni che hanno realizzato il maggior numero di fusioni sono state il Trentino-Alto Adige (29) e la Lombardia (22). Nello stesso periodo in Calabria non ne sono state approvate che due: quella dei Casali del Manco (istituita il 5 maggio 2017 tra Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta) e quella di Corigliano-Rossano (istituita il 31 marzo di quest'anno tra Corigliano Calabro e Rossano che sono andati a formare la terza città della Calabria con oltre 77mila abitanti). Nessuna fusione è stata viceversa realizzata all'interno della Città Metropolitana di Reggio Calabria.

È l'ennesimo paradosso calabrese perché se c'è una Regione che più di altre dovrebbe utilizzare gli strumenti messi a disposizione dal legislatore per conseguire una maggiore efficacia nell'azione amministrativa questa è proprio la Calabria. Dal 2015, invertito il trend moderatamente positivo, l'andamento demografico italiano è in costante flessione e la Calabria ha registrato una diminuzione pari a più del doppio della media nazionale. In parallelo la struttura della popolazione residente in Italia ha mostrato un progressivo infoltimento della fascia degli anziani (età superiore ai 65 anni), che sono i maggiori fruitori di servizi sociali, ed un minor peso dei giovani (0-14 anni), ed anche qui la Calabria ha fatto assai peggio della media nazionale.

Nel perimetro della Città Metropolitana non mancano, tuttavia, chiari esempi di possibili e fruttuose aggregazioni, di cui di tanto in tanto si parla senza mai peraltro giungere a conclusione. Locri e Siderno – ai quali potrebbe certamente aggiungersi Gerace – sono appena separati da un ponte. Villa S. Giovanni e Campo Calabro sono già di fatto in piena continuità urbanistica, anche se formalmente restano due Comuni distinti. Polistena e Cinquefrondi – cui sommare San Giorgio, Anoia e Melicucco – sono già interessate da una spontanea conurbazione. Palmi e Gioia Tauro – cui aggiungere San Ferdinando e Seminara –, città di servizi e di turismo la prima, di commercio ed industria la seconda, entrambe in un territorio a forte vocazione anche agricola, insieme formerebbero una città di oltre 54mila abitanti, la settima della Calabria, con un grande porto, una stazione ferroviaria sul più importante collegamento ferroviario nord-sud, un ospedale, un tribunale, una sede vescovile.

Un positivo impulso alle unioni e alle fusioni di Comuni dovrebbe venire proprio dalla Città Metropolitana, con ulteriori e apposite agevolazioni, al fine di conseguire sul proprio territorio le massime economie possibili. Dunque che si aspetta? La risposta più convincente è una classe politica capace di mettersi alle spalle anacronistici campanilismi e di superare non meno incancreniti e miopi egoismi. Nessuno può dire quanto durerà l'attesa.

P. Ippolito Armino

[componente del direttivo del LP-PC, Palmi]