Contro la 'ndrangheta dobbiamo essere una tempesta perfetta

incendiopasticceria3Riceviamo e pubblichiamo:

Se qualcuno aveva dei dubbi, pare che gli inquirenti abbiano certezza dell'origine dolosa del rogo che ha consumato sul nascere una fra le migliori iniziative di impresa ultimamente avviate nel reggino. Coraggiosa come tante, ovviamente, in vista del territorio ostile in cui andava a collocare la propria attività e, allo stesso tempo, nobile per l'attenzione ad un mercato "di nicchia", ma non troppo, stando agli ultimi dati che danno in forte crescita la malattia celiaca.

Negli ambienti social non si fa altro che leggere post e commenti in cui, grande, traspare la delusione per l'occasione mancata dai tanti che finalmente avrebbero avuto la possibilità di godere di un punto ristoro sicuro e votato alla qualità di prodotto, non sempre all'altezza delle aspettative in molti esercizi che, bene o male, ormai da tempo aggiungono ai propri menù pietanze "gluten free".

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Tutto ciò è emotivamente comprensibile, ma molto spesso si rischia, ponendo l'accento su alcune peculiarità di circostanza, di deviare dal vero nodo della questione: quella "subcultura" che da sempre attanaglia le nostre comunità. Non, ovviamente, come potrebbe intendersi, quella ndranghetistico-mafiosa. Sarebbe scontato e inutile concentrare i nostri sforzi nel dipingere il cattivo di turno che non ha avuto compassione nemmeno per i poveri sfortunati celiaci.

Spero che in molti saremo d'accordo sul fatto che sarà semplicemente stupido continuare a credere che il male rimanga da solo l'origine delle nostre disgrazie. Come in medicina dovremmo iniziare a cambiare sul serio approccio anche in tema di criminalità organizzata. Il male c'è, se non c'è potrebbe presentarsi, si dice che qualcuno riesca a non contrarlo, una cosa è certa: bisogna cominciare a prevenirlo. Prevenzione che non ci si deve solamente aspettare dall'attività amministrativa e di polizia svolta degli organi preposti che giorno per giorno mettono in campo misure volte a scongiurare infiltrazioni, ingerenze illecite, abusi, frodi, riciclaggio. Bisogna iniziare ad assumere comportamenti sani all'interno delle comunità affinché il male non si presenti e, se c'è, non progredisca, non si diffonda e contagi, fino a farlo scomparire come una qualsiasi epidemia con un virtuale vaccino per le generazioni future che, di volta in volta, quando si presenterà la necessità si recheranno al pronto soccorso per aiutare chi di dovere ad individuare nuovi ceppi patogeni e neutralizzarli.

Al di là dei giri di parole, tutti, soprattutto coloro che come categoria sono più esposti alle vessazioni della 'ndrangheta, al racket, hanno il dovere di reagire con coraggio, mettendo in campo quel senso civico che solo potrà fare la differenza. La subcultura omertosa che molti, se non tutti, accomuna è la sola che di fatto ci impedisce di realizzare una rivoluzione che realmente potrà salvare questa terra bella e dannata.

Chi dice ai propri figli studia, scappa e non ti voltare dovrebbe essere biasimato, magari proprio da quel figlio di questa terra al quale avrebbe invece dovuto insegnare di amarla, difenderla e con coraggio riconquistarla. Non ci si rende conto che questo imperare di atteggiamenti remissivi è il principale nutriente del male.

Bene fa chi in queste ore invita la parte buona della società a solidarizzare in piazza con le vittime di turno. Ma questo non basta. E deve essere chiaro ai più. Sfilate e fiaccolate di cui non si nega l'alto valore simbolico ed educativo nei confronti delle generazioni avvenire, non faranno, ahinoi, breccia nei cuori impietriti di questa feccia che inquina il nostro quotidiano.

No alla legge del taglione, l'occhio per occhio da far west, ci mancherebbe. L'unica cosa che in uno stato di diritto, concretamente, offre una soluzione al problema l'abbiamo da sempre e si chiama "legalità" che chi amministra la giustizia può generare e mantenere con la collaborazione di tutti. Non si combatte la ndrangheta solo con slogan, mettere in campo azioni volte a scongiurare che altri, giovani, prendano la cattiva strada va bene, ma non basta. Ci vogliono fatti. Atti concreti di denuncia a viso scoperto, uniti e solidali tutti. Chi subisce da sempre si sentirà sempre solo e continuerà a subire se non avrà manforte da chi come lui subisce e insieme troverà il coraggio di ribellarsi. Bisogna comprendere una volta per tutte che si è tutti vittime del comune male. Tutti ne conoscono l'origine, il nome e il cognome. Tutti abbiamo il dovere di fare una cosa semplice, insieme: comportarsi da cittadini di uno stato di diritto. Cittadini contribuenti che hanno il diritto di rivolgersi alle procure e, dando loro gli elementi necessari, pretendere dagli organi preposti una vera e propria tempesta perfetta, che travolga la criminalità con una tale violenza e intensità da sradicare fin l'ultimo filo d'erba infestante.

Non è utopia, men che meno suicidio. è invece lenta agonia continuare a vivere sudditi di questa montagna di merda.

Maurizio Mallamaci (un cittadino di Reggio Calabria)