Confiscato definitivamente l'impero di don Rocco Musolino, il presunto boss della 'ndrangheta morto da incensurato

musolinoroccoboss600Confiscato l'intero patrimonio del boss di Santo Stefano, Rocco Musolino. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha confermato quanto stabilito, nel marzo dello scorso anno, dai giudici della Corte d'Appello di Reggio Calabria. Ammonta a circa 150 milioni di euro il valore dei beni che adesso sono stati definitivamente confiscati al "re della montagna". Il sequestro, e gli accertamenti patrimoniali, era stato portato a termine dalla Dda reggina insieme agli agenti della Dia e ai Carabinieri. I sigilli furono apposti all'impresa individuale "MUSOLINO Rocco di Francesco", operante nel settore dell'industria boschiva, alle quote sociali e patrimonio aziendale della "MAIUS IMMOBILIARE Srl", avente per oggetto "la compravendita e locazione di beni immobili propri con esclusione di ogni attività di agenzia immobiliare", e con un patrimonio sociale ricomprendente 19 immobili, tra appartamenti, depositi e cantine, ubicati a Reggio Calabria, Condofuri e Santo Stefano d'Aspromonte. Il sequestro riguardò anche 101 fabbricati, tra appartamenti, villette, autorimesse, magazzini e locali commerciali, siti nella provincia di Reggio Calabria e nella città di Roma; tra questi spiccava un pregiatissimo immobile sito in via Castello di Reggio Calabria, adibito a sede di istituto di credito e di agenzie assicurative, quattro villette di notevole valore residenziale nel comune di Santo Stefano di Aspromonte ed un appartamento di notevolissimo pregio in Piazza dei Re di Roma, nella capitale. Infine furono sequestrati 218 appezzamenti di terreno agricoli, per un'estensione complessiva di oltre 800 ettari, siti nella provincia di Reggio Calabria e, principalmente, nei comuni di Santo Stefano di Aspromonte e di Molochio e numerosi rapporti finanziari, tra conti correnti, polizze assicurative e depositi titoli, per un valore stimato in oltre 7 milioni di euro. Ora tutti questi beni passano allo Stato. Nella sentenza di Appello la Corte scriveva così in merito alla figura di Rocco Musolino, deceduto nel giugno del 2013 ad 88 anni con la fedina penale "pulita" dopo le assoluzioni registrate nel corso dei processi in cui era stato coinvolto.

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Un personaggio da romanzo, Rocco Musolino. Scampato miracolosamente anche a un agguato portato contro di lui già quando era in età avanzata, è indicato da numerosi collaboratori di giustizia come uno dei capi più carismatici che la 'ndrangheta abbia mai avuto. Muore da incensurato, nonostante gli enormi collegamenti istituzionali (anche con magistrati) e il sospetto dell'appartenenza alla massoneria deviata.

"Tutti gli elementi raccolti nel tempo- scrivono però i giudici-hanno condotta a delineare la figura del Musolino in termini assai diversi rispetto a quelli del classico boss della 'ndrangheta coinvolto in prima persona nei conflitti e nelle cruente contrapposizioni tra cosche. Ed invero, ciò che è emerso con chiarezza è che costui abbia interpretato il ruolo di eminenza grigia del mondo criminale, dotato di indiscusso prestigio e collocato in una certa misura al di sopra delle parti in gioco pur essendo in stretto rapporto soprattutto con la famiglia Serraino, ed abbia intessuto una trama di rapporti anche con esponenti del mondo delle istituzioni e delle professioni avvalendosi anche dell'inserimento in una loggia massonica. Un soggetto capace- è riportato in motivazione- di svolgere un ruolo di mediazione e raccordo bidirezionale non frequente, soprattutto nei primi anni settanta, proprio per tale ragione collocato in una posizione privilegiata ed inattaccabile, almeno fino a quando la sua la sua parabola non ha imboccato una fase discendete(...) Gli elementi indicati-chiosa la Corte d'Appello-conducono univocamente a desumere che la straordinaria fortuna imprenditoriale del Musolino trovi spiegazione nella formidabile copertura mafioso-massonica di cui costui godeva che gli ha consentito di crescere e prosperare incontrastato senza incappare negli anni in alcun momento di crisi, determinando una situazione di costante alterazione dei normali meccanismi di libera concorrenza rispetto ad altri operatori economici della zona inevitabilmente costretti a subire la preponderante presenza di un soggetto capace di godere di una forza specifica caratterizzata dalla presenza al suo fianco dei massimi esponenti delle famiglie di 'ndrangheta operanti nell'asfittico contesto aspromontano e di disporre dell'amicizia e della benevolenza di autorevoli figure del mondo delle istituzioni".

Adesso tutto il suo patrimonio, costruito nel corso degli anni illecitamente, è proprietà dello Stato italiano.