Pd, su Demetrio Battaglia l’accordo c’è. Il problema sembra solo uno: Minniti…

battagliademetrio60015ottdi Mario Meliadò - Da Mario Oliverio a Seby Romeo, da Nicola Irto all'altro Nicola, Adamo, passando per Giuseppe Falcomatà ed Ernesto Magorno e per altri significativi maggiorenti del Partito democratico, l'accordo c'è: in vista del Congresso regionale dèm del 16 dicembre, il nome in lizza sarebbe esclusivamente quello dell'ex deputato Demetrio Battaglia.

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Da questo punto di vista nessun'apparente novità – considerato che il nome di Battaglia, a fasi alterne, è 'in pista' da 6 mesi – se non il marcato consolidamento di un'ipotesi che vede però alcune criticità.

Il problema numero 1 pare essere quello della natura del Congresso alle porte. La famigerata «contendibilità» dei vertici del Partito democratico (sembra risentire il 'mantra' dell'ex assessore regionale Mario Maiolo...), in concreto, che andrebbe a significare?

Con Battaglia in campo, assolutamente nulla. Staremmo parlando, infatti, di una candidatura sicuramente di rango, ma soprattutto di una discesa in campo "benedetta" e preconfezionata dai reali "padroni del vapore" che, proprio per tale ragione, non avrebbe senso in presenza di competitor. E proprio quest'intesa smentirebbe l'idea di un Battaglia pronto a "gettare la spugna".

Certo, anche in relazione a queste valutazioni, bisogna poi capire se il Pd (quello calabrese, quantomeno) è pronto a rinunciare a un pezzo significativo del suo Dna: le primarie...

Anche questo passaggio sembra assolutamente scontato: viste le premesse, si andrebbe a un'assise congressuale non "decidente" ma, ei fatti, "ratificatrice". Magari con un po' meno appeal per la base dèmocrat, che come ampiamente detto da più parti vorrebbe un partito «utile», e dentro il quale ovviamente le scelte si fanno coralmente all'interno, non attraverso patti di pochi in stanze più o meno remote.

Sullo sfondo, c'è poi la questione della 'tenuta' del Partito democratico.

Come abbiamo visto, anche alla Festa dell'Unità su scala regionale celebratasi a Rogliano – nel Cosentino –, non son mancati pressanti punti interrogativi sulla sopravvivenza del partito stesso di qui a due mesi. Però, se il Pd resisterà (e se il Congresso si celebrerà regolarmente), dove si troveranno esattamente i vari consiglieri regionali in protesta, autosospesi o con bruciori di stomaco vari?

Stando ai soliti beneinformati, saremmo alle porte di un grande comeback di quasi tutti i 'distanti': in modo assai diverso, le incognite vengono limitate più che altro a Carletto Guccione (ex assessore regionale a Lavoro e Politiche sociali della prima giunta Oliverio, dissoltasi per via della 'Rimborsòpoli' regionale, da tempo implacabile 'oppositore interno' a Palazzo Campanella) e al segretario-questore in Consiglio regionale Peppe Neri (che insieme al presidente della Prima commissione consiliare 'Affari istituzionali' Franco Sergio e all'ex presidente del Consiglio regionale Tonino Scalzo ha dato vita di recente al neogruppo consiliare 'Moderati per la Calabria').

Mentre il 'ritorno a casa' convoglierebbe tutti ma proprio tutti gli altri, dallo stesso Scalzo a Flora Sculco (nel 2014 unica eletta a Palazzo Campanella, ma per Calabria in rete), addirittura ampliando la rosa con «qualche elemento della Sinistra radicale».

Da ultimo, l'incognita più rilevante concerne però "come", diciamo "a che titolo" venga presentata la candidatura di Demetrio Battaglia. Che, pure, a più riprese in questi mesi è stato sul punto di rinunciare all' "impresa".

Il ragionamento sulla non-divisività, sull'unitarietà nella "designazione" del futuro segretario regionale piddino (e dunque nell'indicazione senza Primarie, o almeno senza Primarie 'vere' con pluralità di candidati) è ampiamente condiviso da quadri e dirigenti del partito, d'accordo; e questo anche per il momento politico generale, non esattamente dei più facili. Ma poi quale sarebbe il profilo e di conseguenza la linea che Battaglia andrebbe a incarnare?

«Siamo di Sinistra, dopo il 4 marzo ci serve un segretario che faccia capire alla gente che il Pd ha davvero un profilo di Sinistra», hanno sibilato in tanti a Rogliano. E da questo punto di vista, diciamolo, il nome di un ex-dc non aiuta granché. Proprio per questo, un eventuale esplicito imprimatur dell'ex ministro dell'Interno Marco Minniti non gioverebbe assolutamente alla causa; anzi.

S'inscrive in quest'àmbito il ragionamento "di riserva" che potrebbe far crollare la larga convergenza sul nome dell'ex parlamentare reggino: il segretario regionale, benché non proprio emulo di Che Guevara, dovrebbe quantomeno essere proiezione della left wing del Pd e, di sicuro, non avere su il 'cappello' di Minniti. Che anche in chiave-Roma non verrebbe comunque votato – in caso di sfida diretta – da ampie fasce del Partito democratico calabrese, a tutto vantaggio del Governatore laziale Nicola Zingaretti.