Gratteri: "Lotta alla mafia è cosa seria, no a scimmiottamenti, chi fa antimafia sia inappuntabile"

gratteri nicola"Vi sono momenti in cui c'è un eccesso di antimafia, una corsa a salire sul palco o di trovare un posto al sole. E così la gente si alza e spara sciocchezze. La lotta alla mafia è una cosa seria, per questo dico no a scimmiottamenti, chi fa antimafia deve essere inappuntabile". Non usa mezzi termini, come al solito, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, intervenuto alla presentazione del libro "Ricatto allo Stato", del magistrato Sebastiano Ardita. L'incontro, organizzato dalle associazioni "Riferimenti" e "Agende Rosse" e tenutosi all'interno dell'aula magna Quistelli di Reggio Calabria, è stato per Gratteri anche l'occasione per riflettere sull'attuale situazione penitenziaria in Italia: "Da dieci anni le carceri scoppiano, ma la politica non si è mai voluta interessare della questione. In questo momento non c'è rieducazione, ma le carceri sono esclusivamente dei contenitori di detenuti" ha detto il magistrato.

Il libro di Ardita, procuratore aggiunto di Messina, ma con un passato piuttosto lungo (nove anni) al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, è infatti una denuncia delle trame tra Cosa Nostra e Stato, con riferimento all'istituzione dell'articolo 41bis dell'ordinamento carcerario (il cosiddetto carcere duro) varato nelle ore successive alla strage di via D'Amelio, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino con gli uomini della sua scorta: "Non credo alla rieducazione dei capimafia – ha proseguito Gratteri – mentre i tossicodipendenti devono essere costretti a cercare di disintossicarsi".

Gratteri, da sempre attento anche al tema dei costi della giustizia, ha spiegato agli studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Mediterranea, la sua "ricetta" per far sostenere, economicamente, le carceri: "Si potrebbero fare – ha spiegato Gratteri – dei trattati bilaterali con gli Stati che non prevedono né la tortura, né la pena di morte, in modo tale che i detenuti stranieri vadano a scontare la propria pena lì. Ma, soprattutto, i detenuti non devono rimanere per ore in cella davanti alla televisione a guardare programmi stupidi, ma devono lavorare per pagarsi vitto e alloggio".