Il pentito Russo: “Massoneria e ‘ndrangheta: ho visto il marcio dell’Italia”

massoneriapersone500di Claudio Cordova - Per circa 10 anni truffatore in accordo con le cosche di Gioia Tauro, Piromalli e Molè, oggi collaboratore di giustizia, Antonio Russo depone nel maxiprocesso "Gotha", rispondendo alle domande del pm Stefano Musolino, delle difese e del Tribunale presieduto da Silvia Capone. Lo fa soprattutto con riferimento a quella che è l'accusa principale contestata: i contatti, anzi, i legami, tra 'ndrangheta e massoneria.

Nel procedimento, tra gli imputati principali, vi sono l'avvocato ed ex parlamentare Paolo Romeo, considerato a capo della cupola massonica della 'ndrangheta, ma anche l'ex senatore Antonio Caridi e l'ex sottosegretario regionale, Alberto Sarra, considerati gli strumenti attraverso cui la masso-'ndrangheta si sarebbe infiltrata nelle Istituzioni. Altro personaggio chiave, l'avvocato Giorgio De Stefano ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, rimediando per ora una condanna in primo grado.

Nel proprio percorso criminale, Russo si relaziona con i vertici delle cosche di Gioia Tauro, ma anche con ambienti occulti della massoneria deviata. Nei primi anni 2000 (e il periodo è oggetto di disputa in aula tra le parti), Russo afferma di aver ricevuto l'invito a entrare nei Templari, una confraternita paramassonica, che avrebbe conosciuto tramite Luigi Emilio Sorridente, uomo forte della 'ndrangheta dei Piromalli, con pesanti aderenze nella massoneria e tramite il medico cardiologo Franco Labate, che sarebbe stato legato alla criminalità organizzata. Quella dei Templari sarebbe la stessa struttura di cui parla anche un altro collaboratore di giustizia, Cosimo Virgiglio. E anche i luoghi tornano. Russo racconta infatti di un incontro avvenuto a Villa Vecchia, nei pressi di Roma, dove sarebbero avvenute alcune iniziazioni alla confraternita: "C'erano magistrati, uomini in divisa, persone dello spettacolo: lì ho visto il marcio dell'Italia" racconta il collaboratore.

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Ancora una volta torna il concetto di massoneria come camera di compensazione in cui mettere insieme persone e ambiti che, tra di loro, sarebbero dovuti rimanere nell'incomunicabilità.

Il nome di Sorridente ricorre quando si parla di massoneria e 'ndrangheta. Al suo matrimonio, stando al racconto di Russo, avrebbero partecipato membri influenti delle cosche, ma anche don Giovanni Stilo, controverso prete di Africo, sospettato di legami con la criminalità organizzata: "Al matrimonio c'era anche lui, che a Gioia Tauro veniva sempre accompagnato dall'avvocato Giuseppe Luppino. Mi dissero che don Stilo aveva aggiustato diversi processi nei confronti degli affiliati". Da don Stilo a don Pino Strangio, imputato nel procedimento "Gotha" per associazione segreta aggravata dalle modalità mafiose. Russo parla anche di lui: "Un prete malandrino, come don Stilo". Il collaboratore racconta di averlo visto anche a casa di Giovanni Copelli, fino ad alcuni anni fa, quando verrà arrestato, considerato esponente della vecchia 'ndrangheta e reggente a Gioia Tauro per conto dei Piromalli.

Proprio i Piromalli avrebbero potuto contare su diverse "amicizie" nel mondo istituzionale. Tra queste, stando al racconto di Russo, anche l'oggi ex magistrato Luigi Tuccio, che è imputato nel procedimento per i propri rapporti con Paolo Romeo: "Tuccio aveva aggiustato tanti processi in favore dei Piromalli" afferma il Russo.

Il collaboratore riferisce anche della propria amicizia con il commendatore Carmelo Cortese, altro soggetto dedito alle truffe, che sarebbe stato però legato a un'entità massonica organica o comunque vicina alla P2 di Licio Gelli: "In questa struttura c'erano i Piromalli e i De Stefano, ma anche le Istituzioni. Credo che uno degli scopi principali fosse quello di aggiustare i processi o comunque di ottenere immunità". E ritornano anche i nomi di due delle cosche che maggiormente hanno modernizzato la 'ndrangheta, anche attraverso i legami con la fratellanza. Lo stesso Cortese sarebbe stato un uomo a disposizione dei Piromalli, anche grazie alla propria influenza all'interno dell'ospedale militare di Catanzaro. Proprio per questo, quella di Cortese sarebbe stata un'obbedienza molto più potente: "Mi disse che a confronto i Templari potevano lustrarle le scarpe".